“Dio a modo mio” con la relatrice Rita Bichi
Un pubblico variegato e numeroso ha accolto l’invito proposto dalla Diocesi (Servizi per la Pastorale della Cultura, Scolastica e Giovanile) nell’ambito delle iniziative di Cantiere Speranza. Venerdì scorso, presso l’Opera Salesiana di Casale, è intervenuta la professoressa Rita Bichi, ordinario di Sociologia all’Università Cattolica di Milano e facente parte dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo.
Riccardo Calvo e don Marco Durando hanno ben introdotto la serata, richiamando il tema sinodale dei giovani e della fede e ribadendo la necessità di mettersi prima di tutto in ascolto delle giovani generazioni, passaggio indispensabile per discernere la realtà e per agire insieme.
Nel 2015, insieme a Paola Bignardi, la relatrice ha curato e pubblicato la ricerca “Dio a modo mio – Giovani e fede in Italia” (ed. Vita e Pensiero), una fotografia di come i cosiddetti “millenials”, generazione nata tra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90, vivono la dimensione di fede. Un’indagine che ha coinvolto in prima persona i giovani, centocinquanta tra i 18 e i 29 anni, tutti battezzati, residenti in piccoli e grandi centri di Nord, Centro e Sud Italia, intervistati da altri giovani opportunamente istruiti. Cinquanta intervistati, che si sono dichiarati credenti, hanno poi accettato di approfondire la questione affrontando una seconda intervista, dalla quale è emersa una realtà di generazione in ricerca e in cammino dal punto di vista della fede.
I millenials sono giovani avviati come tutti a vivere il loro futuro, che poi non si è avverato a causa della crisi economica che ha investito la società, rendendo il lavoro precario o inesistente e complicando notevolmente le condizioni concrete per un effettivo passaggio all’adultità (famiglia, figli…). In questo scenario si colloca evidentemente il percorso di vita e di fede di questi giovani, che si sono trovati a vivere anche una dimensione profondamente individualista e privatistica dal punto di vista esistenziale.
In questo contesto i giovani intervistati hanno sorprendentemente rivelato, soprattutto nella fascia 21-29 anni, i segnali di un potenziale riavvicinamento alla pratica religiosa, che segue un fisiologico allontanamento soprattutto dalla Chiesa nel periodo adolescenziale.
La fotografia che emerge dall’indagine mostra una generazione in ricerca, soprattutto di senso, di un Dio che risente sicuramente della visione individualistica e “personalistica” suggerita dalla cultura dominante, che rifiuta tendenzialmente l’istituzione ecclesiale, che conosce la propria religione in maniera superficiale, ma in alcuni casi che riesce a dare conto della propria fede. “Dio può dare un senso alla vita, dona speranza, ti fa sentire amato, dà risposte ai grandi interrogativi…”: queste alcune delle affermazioni di chi, giovane e forse un po’ disilluso di fronte a promesse del mondo adulto mai mantenute, non rinuncia a camminare, invocando qualcuno che si metta al suo fianco per condividere dubbio e fatica, e apprezzando chi, come Papa Francesco, autenticamente e in modo coerente, compie gesti evangelici concreti e convincenti.
“Dalla ricerca emerge più di una provocazione all’indirizzo proprio degli adulti – come ha ben sottolineato monsignor Gianni Sacchi, che ha preso la parola al termine del dibattito – che si devono chiedere quale Dio propongono alle giovani generazioni, e quali esperienze di fede e di Chiesa offrono come credenti”.
Il testo, nel quale convergono i punti di vista di tanti collaboratori, si rivela un’indagine sociologica a 360°: una lettura sicuramente interessante per comprendere i contorni in cui si muovono i millenials, le ragioni delle loro scelte di vita e di fede.